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Nata a Pesaro il 17 dicembre del 1902 da Carlo De Nobili e Luisa Augusti, Eleonora, detta Nori, De’ Nobili fu la maggiore di quattro figli (gli altri saranno Bice, Alberto e Guido). La sua fanciullezza borghese si divise equamente tra Pesaro e Brugnetto, frazione del comune di Ripe. Trasferitasi con la famiglia in Toscana, a Viareggio, nel corso della prima guerra mondiale intraprese gli studi ginnasiali dimostrandosi un’allieva attenta e disciplinata. Studi che poi avrebbe continuato al ritorno nelle Marche, a Fano nel 1917. Qui, si dedicò in particolare allo studio del pianoforte e dell’arte del disegno seguendo le lezioni del pittore Giusto Cespi che per primo ne intuì le doti e le potenzialità.

Quando il padre nel 1920 prese servizio nella capitale, la primogenita lo raggiunse. A Roma sarebbe rimasta almeno due anni dedicati principalmente allo studio delle lingue straniere e al perfezionamento nell’arte del disegno nel collegio “Stella Viae”. Nel 1924 seguì la famiglia nella nuova tappa del loro spostamento. La meta prescelta fu Firenze, città che si rivelò particolarmente congeniale, carica di stimolazioni e adatta allo sviluppo delle sue ambizioni artistiche. Dal capoluogo toscano, salvo brevi e fugaci ritorni in terra marchigiana, non si sarebbe allontanata fino al 1937. Qui si compì la sua maturazione artistico grazie all’incontro e al magistero di Ludovico Tommasi esponente di spicco della scuola dei Macchiaioli, oltre che seguace di Silvestro Lega.

Le sue frequentazioni non furono circoscritte però ai soli ambienti pittorici. Nel clima vivace, frizzante e culturalmente stimolante della città, Norì si avvicinò ai fondatori del movimento “Novecento” e al gruppo di “Strapaese” facente capo ad Ottone Rosai e Mino Maccari. Grazie alla frequentazione personale con l'influente critico d'arte Aniceto Del Massa partecipò alla IV Mostra regionale d'arte toscana nella primavera del 1930. La scomparsa prematura del fratello Alberto nel 1933 la precipitò in un tunnel di depressione ed isolamento che i continui contrasti con la famiglia, sempre ostili nell’assecondarne la vocazione artistica e l’indipendenza, acuirono ed aggravarono. Al 1935 risale il primo (Villa Rosa a Bologna) di una lunga serie di ricoveri forzati che termineranno alla Villa Igea di Modena dove Nori avrebbe trascorso gli ultimi dolorosi anni della sua vita. Qui, confortata da una fede miracolosamente ritrovata e soprattutto dalla dedizione assoluta alla sue creazioni, si sarebbe spenta a causa di un tumore il 12 giugno 1968.

Frutto di una formazione artistica irregolare,irrazionale e frammentata sotto molto aspetti, lo stile di Nori De’ Nobili presenta coordinate precipue. Le influenze rintracciabili dei suoi maestri si fondono, armonizzandosi compiutamente, in una tessitura nella quale l’incontro tra i colori e l’energia delle pennellate modellano plasticamente le forme. Ciò risulta particolarmente evidente nei ritratti in cui i sottili ma tangibili giochi di luce, uniti ad una fantasia creatrice liberamente ispirata, donano una profondità ed una enigmaticità di sguardo ai visi immortalati in una fissità che trascende i limiti temporali. Così, dietro un’apparenza di incontestabile realismo (o naturalismo che dir si voglia), la sua mano di pittrice rivela la trama di una vanità infinita sintomo di quella sensibilità nichilista precipuamente novecentesca di cui la sua opera è permeata.

Animata da un’idea romantico-elitaria dell’arte, Nori De’Nobili si dedicò ad essa quasi con furore mistico, interpretandola come una missione irrinunciabile ed imprescindibile, come il solo ed autentico tramite tra l’artista e il mondo.

di Silvia Serini

Le immagini sono tratte dal catalogo Nori De' Nobili: opere 1920-1935

 

bambola a mezza testa

bambini sotto l'ombrello

autoritratto

ballerina e pagliaccio

bionda con il basco

rose

Nori in costume con bautta e gatto

il pianoforte

le tre bambole

Nori col violino e gatto

prigione n. 2

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