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14° RACCONTO

                            DAL  PASSATO  AL  PRESENTE  NUMANESE
                                    
                              La  crescia  de  granturcu  sa  l'erba  de  campu


                                                                                                              di  Pietro Marchetti Balducci



"L'ERBA DE CAMPU" - Fino agli anni '20 del '900 alimentarsi con pasti normali, come li intendiamo ora, per la maggior parte della popolazione numanese era un lusso che pochissimi si potevano permettere, quindi era consuetudine che le donne per rimediare una pur modesta "cena" andassero tutti i giorni a raccogliere "l'erba de campu" in campagna, anche d'inverno, e preferibilmente nei terreni  coltivati "a sodo", perché era più facile trovare le erbe commestibili, e nei campi coltivati da contadini conosciuti, perché non in tutti i terreni i contadini permettevano che persone sconosciute entrassero nei loro campi.
Questo rapporto amichevole con i contadini permetteva alle donne, oltre alla raccolta dell'erba, anche l'offerta di "una cotta" di farina di granturco e qualche volta anche una fascina di potature di viti o canne secche per alimentare il fuoco per cucinare l'erba, in cambio di qualche aiuto manuale nei lavori dei campi.
Qualche volta queste agevolazione dei contadini avvenivano dietro l'offerta di pesce da parte delle donne quando c'era  abbondanza di pescato come la "papalina, saraghina, attarì, cincinelli, sardoncì, oppure con alcune prestazioni di sartoria.
La sera quando tornavano a casa, dopo avere pulito e lavato "l'erba", preparavano subito "el caldaru nel fogu de mezzu" per cuocerla.
La legna per alimentare il fuoco era quasi sempre quella che veniva raccolta lungo le spiagge,  buttata dal mare durante le mareggiate con l'aggiunta delle fascine e di canne secche che  avevano avuto dai contadini.
Quando "l'erba" era cotta veniva scolata e "straginata" su una padella che conteneva qualche pezzetto di lardo sfritto per dare all'erba un po di sapore e di condimento, ma anche questo ingrediente era scarsissimo e dire che "l'erba" era condita significava esagerare, e di molto.
"LA CRESCIA DE GRANTURCU":  Dopo avere sistemato l'erba era la volta della crescia, non tutte le sere questa "operazione" era possibile perché l'ingrediente principale che era la farina de granturco non tutte le sere c'era la disponibilità, e quando non era possibile la cena era soltanto "erba de campu".
La crescia era un impasto di acqua e farina de granturco, qualche volta veniva aggiunta  della polenta del pasto del giorno, fatta avanzare di proposito, per aumentare il sapore e l'uniformità dell'impasto, raramente si aggiungeva anche un po di farina di grano.
La cottura della crescia iniziava mettendo sulla brace il "trepiedi"e sopra il "panaru" quando il panaru era ben caldo vi si adagiava sopra la crescia, il "panaru" era una piastra di ferro rotonda che riscaldandosi permetteva alla crescia di cuocere.
Finita anche questa operazione la famiglia si sedeva intorno al tavolo ricevendo ognuno la sua razione di crescia che variava a secondo dell'età dei figli.
L'erba veniva portata in tavola  in una "fiamenga" e ogni componente della famiglia la prendeva con la forchetta ponendola sopra la crescia, in effetti, la crescia faceva anche da piatto, perchè in quel periodo non era usanza che ogni  individuo avesse un piatto.
E' facile immaginare quanta sofferenza e fame c'era in queste famiglie  con tanti figli, l'unica nota positiva, come mi è stato raccontato, le famiglie erano sempre allegre e molto disponibili ad aiutarsi a vicenda..  

Numana  aprile 2013

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