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L’architetto Mattia Capponi è stato per molti anni dimenticato ma i suoi interessanti lavori, compiuti prevalentemente nella Vallesina durante quel 1700 passato alla storia come la “rinascita” edilizia della zona in cui molto del costruito divenne oggetto di restauri e rifacimenti, ne fanno uno dei massimi esponenti dello stile Neoclassico marchigiano assieme ad altri progettisti come Marchionni, Marapponi, Maiolatesi e il Vici.
Mattia Capponi nasce il 2 agosto del 1720 a Cupramontana, che allora portava ancora il nome di Masaccio, da Paolo Isidoro e Donna Felice.
Completa i primi studi presso il cuprense Convento dei Camaldolesi e si trasferisce a Roma, dove frequenta l’Accademia di San Luca, conclusa la quale tornerà definitivamente nelle Marche dove opererà sempre tra i comuni della Vallesina .

Inizia a firmare i primi progetti in tarda età, passati i quarant’anni, ma altri lavori precedenti portano sicuramente la sua impronta.
Lo storico jesino Giovanni Annibaldi, il primo a tesserne elogi e a rilevare il suo talento, lo descrive come un uomo quieto e schivo poco propenso al clamore, di poche parole e molto dedito al lavoro.
La prima opera di cui gli si attribuisce parte della paternità è la ricostruzione della chiesa jesina dedicata a San Pietro, tra le più antiche della città, che attorno al 1720 fu quasi rasa al suolo da un incendio. La ricostruzione fu affidata a Gaetano Fammilume e la tradizione locale, nonché quella storica, vuole che con lui abbia messo mano anche il Capponi autore della signorile ed elegante scalinata bianca d’ingresso costituita da una doppia rampa che avvolge il balconcino centrale, e delle due torri campanarie della facciata. Anche se molti dei documenti rendono improbabile questo intervento diretto – Capponi in quel periodo era ancora a Roma – è stato ipotizzato che, quei dettagli così squisitamente appartenenti ai gusti del cuprese e riproposti in altri edifici, possano essere stati suggeriti dal giovane architetto proprio dalla capitale .
Anche il Palazzo Comunale e la chiesa parrocchiale di Poggio San Marcello secondo Annibaldi, sono opere del Capponi, ma in realtà questi ne ha solo preso parte.
Il Palazzo Comunale, un edificio con mattoni a vista la cui facciata è composta da un porticato di ingresso con quattro archi, presenta, all’interno, una raffinata scala con balaustra in travertino e porta la firma di Andrea Vici. Qui però Capponi ne diresse i lavori quando questo era a Roma. Per la parrocchiale, opera di Nicola Maiolatesi, ad ultimazione dei lavori, fu chiamato il Capponi per eseguirne il collaudo.
La chiesa parrocchiale di Monte Roberto dedicata a San Silvestro Papa è stata innalzata dall’architetto cuprense tra il 1768 e il 1795, mentre nella vicina Castelbellino ha avuto l’incarico di costruire la Chiesa di San Marco Evangelista posta nell’omonima piazza centrale del paese fu terminata nel 1787 e presenta una sola navata con quattro cappelle laterali.

La prima monumentale opera che Capponi realizzò fu la totale ricostruzione del > Convento Camaldolese di Cupramontana dove fu allievo. L’intero corpo fu eretto verso la metà del 1600 dai monaci camaldolesi e, fino ai primi anni del XIX secolo, fu sede del monastero e dell’Accademia degli Inariditi più tardi ribattezzata Leoniana dal nome della prestigiosa famiglia dei Conti Leoni che a Cupramontana rimase fino ai primi del ‘900.
La chiesa dedicata a San Lorenzo è stata eretta all’interno del vecchio castello e dichiarata Monumento Nazionale. La costruzione avvenne tra il 1770 e il 1787 e rappresenta uno dei massimi capolavori del Capponi che per quest’opera ha prodotto un’ingente mole di disegni e progetti da poco ritrovati segno di un impegno verso questo progetto.
La chiesa è composta da mattoni faccia a vista cari e sempre utilizzati dall’architetto che nella maggior parte delle sue opere rifugge dall’uso di intonaci e preferendo lasciare scoperto il laterizio e decidendone la disposizione per una sobria ed elegante rifrazione della luce naturale.
La chiesa ha una facciata maestosa che si erge verso il cielo, è appena mossa da semicolonne, la copertura è a capanna, un altro tema ricorrente dell’architettura del Capponi.
L’ingresso rialzato, è introdotto da una doppia rampa di scale che ne rende l’aspetto piacevole, solenne ma sobrio.
L’interno ha una sola navata con quattro cappelle laterali ed è scandito da colonne con capitelli corinzi. L’abside è decorata da rosoni a stucco; il colore chiaro e pulito dei materiali usati, e la disposizione delle finestre di illuminazione, regala una limpida atmosfera di equilibrata maestosità.

Sempre nella sua Cupramontana, in cui trascorse sempre molto tempo malgrado fosse residente a Jesi, ha lasciato anche lo splendido Palazzo Comunale fabbricato tra il 1777 il 1785. L’ispirazione qui sembra arrivare da motivi architettonici rinascimentali grazie ad elementi come la porta, l’orologio e il caratteristico campanile a vela.
Al piano terra troviamo gli archi mentre le finestre presentano eleganti cornicioni bianchi in calcare granulato . Il rivestimento è costituito come sempre da mattoni a vista, ma qui è animato dal bugnato e da una serie di parti decorative che sottolineano l’aspetto scenografico di un palazzo di rappresentanza delle pubbliche funzioni, e che per la sua posizione fa da trait d’union tra il vecchio centro storico racchiuso da un muro di cinta ad anello – dietro al Comune - e il nuovo che si sviluppa parallelamente al suo esterno.

Nel 1775 Mattia Capponi fu assunto dal Municipio di Jesi come ingegnere e si occupò molto di ristrutturazione o rifacimento delle strade cittadine e soprattutto di lavori idraulici.
Fin dal 1200 la città federiciana aveva deviato il corso del fiume Esino per portare acqua alle concerie e ai mulini della citt�, ma ormai la rete si presentava logora e poco funzionale. Dopo molti studi e commissioni demandate dal Governo Pontificio e da quello
cittadino, fu il Capponi, con suo nipote Paolo Isidoro, ad accaparrarsi il lavoro.
Il comune volle però l’approvazione del suo architetto Virginio Bracci che in poco tempo si appropriò del progetto e lo firma a suo nome relegando il Capponi a direttore dei lavori.
La questione si prolungò nel tempo, ma alla fine all’architetto cuprense e a suo nipote, fu riconosciuta la paternità dell’intero progetto .

A Jesi sembra che mise mano all’imponente palazzo dell’Ospedale Vecchio meglio conosciuto come sede dell’ex orfanotrofio femminile della città. Ma la vera paternità dello stabile è ancor oggi molto controversa e lungi dal trovare una risposta definitiva.
Qui il Capponi potrebbe aver apportato qualche intervento ma, secondo altre fonti, pare che si sia dedicato alla decorazione delle porte e finestre . Fu chiamato a risistemare il palazzo Comunale che peccava di stabilità e per questo chiuse il vecchio loggiato aprendo la porta principale sull’attuale piazza dell’Indipendenza .
Suoi anche i lavori di risistemazione della chiesa suburbana di S. Lucia e della cappellina della Verigine custodita nella Chiesa della Madonna delle Grazie.
Probabilmente collaborò con l’architetto Francesco Maria Ciaffaroni nella costruzione della doppia rampa di scale del convento di San Floriano.
Tra le opere jesine più importati, e di miglior risultato, c’è la realizzazione di Palazzo Magagnini, sede della nobile famiglia jesina che ascrisse tra i suoi esponenti anche il vescovo Rambaldo, nella centrale piazza della Repubblica a fianco del Teatro Pergolesi.
Il palazzo è in mattoni a vista e presenta un loggiato che protegge il portale di accesso. Appena sopra si apre un’ampia balconata decorata da una balaustra che corre lungo tutta la facciata .
Fuori Jesi, troviamo il Capponi impegnato nell’ampliamento della chiesa parrocchiale di San Sebastiano a Castelplanio. L’Annibaldi elenca anche la costruzione del Convento delle Clarisse a Belvedere Ostrense e del Convento per le monache del Buon Gesù di Ostra, ma opere di rifacimento, distruzioni di parti di questi edifici e mancanza di documentazioni rendono difficile attestarne la sicura paternità.
Sicuramente progetti del cuprense, firmati ed eseguiti dallo stresso, sono i lavori di consolidamento dell’Ospedale di Santa Maria della Pietà di Camerino, di Palazzo Marcantoni Bassolini a Macerata, del Palazzo Comunale di Appignano che cercarono la consulenza dell’architetto cuprese per un edificio che in tanti secoli di manipolazioni sembrava non riuscisse a trovare il completamento. Nemmeno il Capponi vi riuscì del tutto pur lasciandone evidente traccia del suo progetto nell’aspetto attuale.
Anche la Chiesa di Sant’Antonio di Santa Maria Nuova è stata completamente progettata dal Capponi pure se la costruzione avvenne alcuni anni dopo la sua morte, nel 1884.
Il progetto fu dettagliatamente mantenuto e realizzato segno della fama che ormai il Capponi si era conquistato.
Mattia Capponi morì a Jesi il 9 giugno del 1803 e fu sepolto nella parrocchia di San Giovanni Battista. Fin dal 1781 fu affiancato dal nipote Paolo Isidoro, figlio del fratello Antonio, nato anche lui a Cupramontana il 27 aprile 1755 e morto a Jesi il 30 giugno 1803 dopo aver trascorso la sua carriera tra lavori tecnici come ponti, idraulica, mulini, perlopiù commissionati dal Comune di Jesi.

Per molti anni Mattia Capponi fu relegato tra gli esponenti minori dell’architettura marchigiana, ma a ben vedere il suo linguaggio stilistico si presenta molto innovativo per la sua capacità di unire l’estrema pulizia delle linee neoclassiche alla tradizione costruttiva marchigiana.

I suoi studi romani ne evidenziano la passione per le linee rigide e pulite del Neoclassicismo ma anche per quelle del Rinascimento e del tardo Barocco che nella capitale aveva ben conosciuto e assimilato, forse negli aspetti più funzionali che non sontuosi. Assimilata la lezione romana, non può eludere l’imperante stile del Vanvitelli, che tanto lavorò nelle Marche, ma il Capponi non tradisce le sue origini marchigiane immediatamente visibili nella predilezione dei mattoni a vista e nella totale negazione dell’intonaco di copertura come la sua terra gli aveva insegnato. Nel produrre i suoi progetti, il Capponi sembra dare molto più spazio all’efficienza dell’edificio, alla sua razionale utilizzazione, piuttosto che all’estetica o al virtuosismo scenografico.
Così predilige linee semplici, severe e sobrie. Si potrebbe dire che procede seguendo le indicazioni del Milizia quando affermò che “La bellezza dell’architettura nasce tutta dal necessario e dall’utile”.


Va però sottolineato che Capponi opera in una situazione piuttosto circoscritta poiché è spesso chiamato ad aggiustare e ripristinare edifici che ne rendono difficoltoso, se non addirittura pericoloso, il loro utilizzo; a lui si chiedono rimesse a nuovo di stabili già esistenti, lavori che spesso ne rendono dubbia l’attribuzione all’uno o all’altro architetto, e nelle poche occasioni in cui può esprimere la sua indole si rende protagonista indiscusso di quella rinascita architettonica della Vallesina che segna vivamente il XVIII .


di Federica Candelaresi

Tra i membri della famiglia Capponi vi fu un Mattia Capponi Senior che fu scultore e intagliatore di buona
fama, inoltre anche il noto intagliatore Andrea Scocciati, detto il “Raffaello delle fogliarelle”, era parte della
famiglia avendo sposato Camilla Capponi. Infine Paolo Isidoro, nipote di Mattia e figlio del fratello Antonio,
fu architetto che lavorò per molti anni con lo zio. AA.VV. Mattia Capponi Architetto, a cura di L. Mozzoni,
M. Amadio, E. Conversazioni, S. Agostini, Ancona, 1988.
AA.VV. Dizionario storico-biografico dei marchigiani, Il Lavoro Editoriale, Ancona, 1992.
AA.VV. Dizionario Biografico degli Italiani, Mattia Capponi di Giorgio Ciucci, Vol. 19, 1976.
G. Annibaldi, Mattia e Paolo Isidoro Capponi architetti di Cupramontana, Jesi, 1878.
L. Mozzoni, G. Paoletti, Jesi “città bella sopra un fiume”, Jesi, 1994.
AA.VV. Mattia Capponi Architetto, a cura di L. Mozzoni, M. Amadio, E. Conversazioni, S. Agostini,
Ancona, 1988
R. Ceccarelli, Castelbellino: storia, arte, sviluppo, Jesi, 1997.
G.Colucci, Delle Antichità Picene, Tomo IX, Fermo, 1790.
AA.VV. Mattia Capponi Architetto, a cura di L. Mozzoni, M. Amadio, E. Conversazioni, S. Agostini,
Ancona, 1988
Virginio Bracci (Roma 1737 -1815) fu allievo di Vanvitelli e Murena e fu architetto della Congregazione
del Buon Governo dal 1768 alla morte. Dizionario Biografico degli Italiani, Virginio Bracci di H. Honour e
A. M. Corbo, Volume 13, 1971.
AA.VV. Mattia Capponi Architetto, a cura di L. Mozzoni, M. Amadio, E. Conversazioni, S. Agostini,
Ancona, 1988.
L. Mozzoni, G. Paoletti, Jesi “città bella sopra un fiume”, Jesi, 1994.
Idem.
Idem.
AA.VV. Dizionario Biografico degli Italiani, Mattia Capponi di Giorgio Ciucci, Vol. 19, 1976.
L. Mozzoni, G. Paoletti, Jesi “città bella sopra un fiume”, Jesi, 1994.
G. Annibaldi, Mattia e Paolo Isidoro Capponi architetti di Cupramontana, Jesi, 1878.
F. Milizia, Opuscoli diversi di F. Milizia riguardanti le belle arti, Bologna, 1826.
AA.VV. Dizionario storico-biografico dei marchigiani, Il Lavoro Editoriale, Ancona, 1992.
AA.VV. Dizionario Biografico degli Italiani, Mattia Capponi di Giorgio Ciucci, Vol. 19, 1976.
F. Mariano, Marche itinerari neoclassici: l'architettura, Marsilio, 1998.

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